Diritto di Famiglia

consulenza e assistenza

DIRITTO DI FAMIGLIA 

Nell’ambito del Diritto di Famiglia gli avvocati dello studio legale Pillon e Napoleoni offrono consulenza e assistenza legale per quanto riguarda:

  • Il Matrimonio
  • Regime Patrimoniale
  • Filiazione e Adozione
  • Affido Condiviso e Affido Esclusivo
    • L’avvocato Simone Pillon è tra i più noti esperti nella materia dell’affidamento condiviso con speciale riferimento alla shared custody o “affido materialmente condiviso”. Vedi i suoi discorsi al parlamento europeo (link) e all’ Università di Milano Bicocca (link).
  • Riconoscimento e Disconoscimento Paternità
  • Interdizione e Inabilitazione
  • Testamento e diritto successorio
  • Separazione
  • Nullità del Matrimonio

IL REGIME PATRIMONIALE TRA I CONIUGI

I coniugi all’atto del matrimonio possono scegliere quale regime patrimoniale adottare per la gestione delle risorse economiche; in mancanza di diversa convenzione il regime adottato sarà quello della comunione.

Comunione dei beni: sono parte della comunione tutti i beni, i frutti, i proventi e le aziende acquistati, percepiti o costituiti durante il matrimonio, con esclusione dei soli beni personali.

Separazione dei beni: ogni coniuge è titolare esclusivo dei beni acquistato durante il matrimonio.

Fondo patrimoniale: è una forma mista tra i due regimi illustrati in precedenza. Con il fondo patrimoniale uno o entrambi i coniugi o anche un terzo può destinare alcuni beni a far fronte ai bisogni della famiglia. E’ regime assai complesso e oggi caduto in disuso.

Lo Studio offre consulenza per la scelta del regime più adatto alle esigenze della famiglia e per la variazione del regime in corso di matrimonio.

LA FILIAZIONE: RICONOSCIMENTO E DISCONOSCIMENTO

Oltre alle problematiche inerenti il vincolo matrimoniale, non di rado lo Studio ha affrontato questioni particolarmente delicate che attengono il rapporto genitori-figli. Le ipotesi di riconoscimento o dichiarazione giudiziale di paternità o maternità e, ancor più, le ipotesi di disconoscimento di paternità contribuiscono sempre più spesso ad alterare e ad incrinare le relazioni degli individui in causa.

Risulta immediatamente comprensibile come ad un’azione di disconoscimento della paternità (art. 235 c.c.), per la quale viene travolto lo status di figlio legittimo, consegua inevitabilmente una rottura non solo giuridica ma anche affettiva. A fronte di ciò lo Studio ha adottato una linea di condotta particolarmente cauta ed attenta a tutti gli interessi in gioco, quelli della prole in modo particolare.

In prima istanza verranno esaminate e prospettate le conseguenze giuridiche di tale azione, secondariamente sarà valutata la sussistenza dei requisiti per l’ammissibilità della domanda, per passare a definire infine, di comune accordo, il modus operandi più consono alla situazione concreta. Nel susseguirsi delle varie fasi lo Studio si avvarrà della collaborazione di professionisti specializzati nel settore per la formulazione di diagnosi, pareri, perizie utili allo scopo.

CHI PUO’ ADOTTARE

Lo Studio offre consulenza e collaborazione per la procedura di adozione internazionale, in collaborazione con Associazioni autorizzate.

I requisiti per l’adozione internazionale sono gli stessi che per l’adozione nazionale, e sono previsti dall’art. 6 della legge 184/83 (come modificata dalla legge 149/2001) che disciplina l’adozione e l’affidamento e che riteniamo utile riportare perché il suo contenuto interessa più di ogni altro le coppie.

“L’adozione è permessa ai coniugi uniti in matrimonio da almeno tre anni, o che raggiungano tale periodo sommando alla durata del matrimonio il periodo di convivenza prematrimoniale, e tra i quali non sussista separazione personale neppure di fatto e che siano idonei ad educare, istruire ed in grado di mantenere i minori che intendano adottare.”

Riguardo all’età, secondo la legge:
– la differenza minima tra adottante e adottato è di 18 anni;
– la differenza massima tra adottanti ed adottato è di 45 anni per uno dei coniugi, di 55 per l’altro. Tale limite può essere derogato se i coniugi adottano due o più fratelli, ed ancora se hanno un figlio minorenne naturale o adottivo.
Ciò vuol dire che se la futura madre ha 47 anni ed il futuro padre 56, la coppia può adottare un bambino non più piccolo di 2 anni. Se la futura madre ha 54 anni ed il futuro padre 63, la coppia può adottare un bambino non più piccolo di 8 anni. Se la futura madre ha 50 anni ed il futuro padre 68, la coppia può adottare un ragazzino di 13.
I limiti di età introdotti dalla legge hanno lo scopo di garantire all’adottato genitori idonei ad allevarlo e seguirlo fino all’età adulta, in una condizione analoga a quella di una genitorialità naturale.
Questo dice la nostra legge; ma poiché l’abbinamento con il bambino adottabile è deciso dall’Autorità straniera, i limiti che il nostro legislatore ha spostato molto in avanti, per permettere anche a coppie non giovani di adottare, hanno poca efficacia nella realtà, perché la maggior parte dei paesi stranieri privilegia le coppie giovani.

Quindi, per adottare bisogna:
– essere in due;
– essere coniugati al momento della presentazione della dichiarazione di disponibilità;
– provare documentalmente o per testimonianza, ove il matrimonio sia stato contratto da meno di tre anni, la continua, stabile, perdurante convivenza antecedentemente alla celebrazione del matrimonio per un periodo almeno pari al complemento a 3 anni;
– non avere in corso nessun procedimento di separazione, nemmeno di fatto.
Infine, gli aspiranti genitori adottivi devono essere idonei ad educare ed istruire, e in grado di mantenere i minori che intendono adottare
È chiaro che per questi ultimi requisiti non si può procedere, come per i precedenti, con una semplice verifica formale, ma occorre una valutazione più complessa “nel merito”, cioè nei contenuti e nelle modalità del rapporto di coppia, che viene espletata dai Tribunali per i minorenni e realizzata tramite i servizi socio-assistenziali degli Enti locali, anche in collaborazione con i servizi delle aziende sanitarie locali; e ciò perché l’interdisciplinarità è necessaria per un’osservazione corretta della relazione di coppia e della sua reale disponibilità ad accogliere un figlio, delle sue risorse a fronteggiare le eventuali difficoltà di inserimento.

Fonte: Presidenza del Consiglio dei Ministri

PROCEDURA PER L’ADOZIONE INTERNAZIONALE

Lo Studio offre consulenza e collaborazione per la procedura di adozione internazionale, in collaborazione con Associazioni autorizzate. L’adozione internazionale permette di accogliere a far parte integrante della propria famiglia bambini di altri paesi, con cultura, lingua, tradizioni diverse. Per questo, per tutelarne i diritti, la normativa si fa più complessa, ma oggi offre in cambio la sicurezza sullo stato di abbandono del bambino, una più approfondita preparazione ed un migliore sostegno alle coppie che hanno deciso di intraprendere questo percorso. L’adozione internazionale è l’adozione di un bambino straniero fatta nel suo paese, davanti alle autorità e alle leggi che vi operano. Perché una simile adozione possa essere efficace in Italia è necessario seguire delle procedure particolari, stabilite dalle leggi italiane e internazionali. Altrimenti l’adozione straniera non sarà ritenuta valida, e il bambino non potrà nemmeno entrare nel nostro paese. Per di più, in certi casi, l’inosservanza delle leggi sull’adozione può costituire un reato. Queste disposizioni possono sembrare eccessive, ma sono necessarie per garantire ai bambini abbandonati ed ai loro futuri genitori adottivi un’adozione legalmente corretta, e rispettosa dei diritti di tutti i protagonisti. L’adozione internazionale ha conosciuto in questi anni un fortissimo sviluppo. Nel 1982 le adozioni di bambini stranieri pronunciate dai Tribunali per i minorenni italiani erano in tutto meno di trecento. Nello stesso periodo venivano registrate più di mille adozioni nazionali. Nel 1991 sono entrati in Italia a scopo di adozione più di duemila settecento minori stranieri, mentre i bambini italiani dichiarati adottabili erano meno di mille. La tendenza all aumento nelle adozioni internazionali è stata costante, e ha visto nel 1999 l ingresso in Italia di tremila bambini stranieri adottati, mentre le domande di idoneità all’adozione internazionale sono state più di settemila.

Uno sviluppo così rapido del fenomeno non è riscontrabile solo nel nostro paese, ma lo possiamo rilevare in tutti i paesi economicamente sviluppati. In questi, il miglioramento delle condizioni socio-economiche ha avuto come conseguenza la riduzione del numero dei bambini abbandonati, mentre dall altra parte il calo delle nascite ha fatto aumentare le richieste di adozione. Queste si sono indirizzate così verso l’unica strada possibile, quella internazionale. La Convenzione de l’Aja del 29 maggio 1993 sulla tutela dei minori e la cooperazione in materia di adozione internazionale è il principale strumento per garantire insieme i diritti dei bambini e i diritti di chi desidera adottarli, e per sconfiggere qualsiasi traffico di minori che possa instaurarsi a scopo di adozione. L’Italia ha aderito a questo patto con la legge 31 dicembre 1998 n.476, le cui norme hanno modificato la legge 4 maggio 1983 n.184 e regolano ora la procedura di adozione internazionale. Lo spirito della Convenzione e della legge italiana è basato sul principio di sussidiarietà dell’adozione internazionale: l’adozione deve cioè essere l’ultima strada da percorrere per realizzare l interesse di un bambino, quando non ci sia stata la possibilità di aiutarlo all’interno della propria famiglia (ove vi sia) e del proprio paese di origine. L’adozione internazionale ha quindi una grande valenza civile, ed è uno strumento per arricchire l aspetto multiculturale e multirazziale della nostra moderna società. Essa inoltre costituisce anche un tipo di scelta solidaristica nei confronti dell’infanzia abbandonata nei paesi più poveri. Ma non è l’unico: la legge italiana prevede infatti che gli enti autorizzati a svolgere le pratiche di adozione internazionale si occupino concretamente anche di altri progetti di aiuto e sostegno all’infanzia nei paesi esteri in cui operano.

INTERDIZIONE E INABILITAZIONE

L’esigenza di proteggere le persone più deboli dall’essere possibili vittime di frodi o truffe, o semplicemente per meglio tutelarne i diritti anche patrimoniali ha consigliato il legislatore di prevedere nel nostro ordinamento la figura dell’interdetto e dell’inabilitato. Si tratta in entrambi i casi di una riduzione – parziale o totale – della capacità di agire del soggetto da proteggere, affiancandolo con un tutore o un curatore.

Nel caso dell’interdizione il tutore avrà completa cura degli affari della persona lui affidata, mentre l’inabilitato sarà responsabile per gli atti di ordinaria amministrazione mentre dovrà essere affiancato dal curatore per compiere atti che comportino una consistente ricaduta economica.

Lo Studio cura le pratiche di interdizione e inabilitazione per la protezione di anziani non più in grado di intendere e volere, soggetti colpiti da gravi menomazioni della psiche e handicappati.